Si accendono i fuochi magici in Romagna con la 24° edizione di Lòm a Mêrz 2024
24° edizione
Lòm a Mêrz 2024
da lunedì 26 febbraio a domenica 3 marzo
ABITARE LA TERRA
le antiche case custodiscono i ricordi
Lòm a Mêrz
L’agricoltura, come molte altre attività “all’aperto” era, ed è tutt’ora, soggetta alle avversità metereologiche. Così la tradizione contadina del passato voleva che per scongiurare la malasorte venissero fatti dei riti propiziatori, come i fuochi magici: i “Lòm a Mêrz” (i lumi di marzo). L’accensione di falò propiziatori intendeva celebrare l’arrivo della primavera e invocare un’annata favorevole per il raccolto nei campi, ricacciando il freddo e il rigore dell’inverno. Il suo significato era quello d’incoraggiare e salutare l’arrivo della bella stagione, bruciando i rami secchi e i resti delle potature. Per questa occasione, negli ultimi tre giorni di febbraio e nei primi tre di marzo, ci si radunava nelle aie, si intonavano canti e si danzava intorno ai fuochi (al fugarèn), mangiando, bevendo e soprattutto divertendosi. L’ Associazione “Il Lavoro dei Contadini” dall’ ormai lontano 2000, ha cercato di tracciare un nuovo solco con i Lumi a Marzo, con rinnovati obiettivi che intendono essere un invito per mettersi in viaggio in queste terre di Romagna, nelle quali si trova ancora un amore per il cibo tipico, sano, dove si possono ritrovare e condividere le tradizioni, usanze, cultura contadina e valori della coltura contadina.
>> Scarica/leggi il pdf con il programma completo delle iniziative
L’edizione 2024
Dopo il tramonto, l’accensione dei fuochi nelle aie delle case di campagna in vari Comuni delle Romagna
L’edizione 2024 propone come tema “ABITARE LA TERRA, le antiche case custodiscono i ricordi”, naturale prosieguo di quello della Mezzadria, scelto per l’edizione 2023.
Il programma prevede oltre trenta eventi, durante le giornate dedicate ai Fuochi, che si svolgeranno nelle aie di aziende agricole, agrituristiche e in ristoranti e altri luoghi della cultura rurale in diversi Comuni della Romagna. La Presidente Lea Gardi: “La casa colonica, sentimento di un tempo che custodisce ricordi, diventa spunto per una riflessione di coerenza tra presente, passato e futuro del territorio agricolo della Romagna; e quindi per noi è l’ occasione per lanciare un piccolo appello alla riflessione su come mantenere e recuperare il patrimonio rurale della Romagna, in alcuni casi svilito da discutibili interventi umani e recentemente purtroppo e profondamente segnato dalla forza devastante della Natura. La nostra iniziativa non ha certo lì ambizione e la forza di trovare soluzioni, vuole essere uno stimolo propositivo a “ripensare”, – attraverso ciò che resta di queste case, spesso ruderi – alle pratiche consolidate nei secoli di dinamiche di vita, di mantenimento di paesaggio e di manutenzione dei territori coltivati, che più che mai devono ritrovare l’equilibrio di salvaguardia e rispetto, che spesso sembrano sfuggiti di mano.”
E allora si vola tra i ricordi del passato, quando la casa rurale era ambasciatrice del ciclo di nascita-vita- morte dei suoi occupanti; era luogo d’incontro sull’aia – spazio vitale di lavoro, riposo ma anche di svago, vestendosi a festa in occasione di trebbi e veglie.
Si va indietro nel tempo ragionando sul ‘dentro’ e il ‘fuori’ di essa, sulle logiche di ubicazione degli ambienti e il loro utilizzo: al piano terra la stanza principale col grande focolare per ritrovarsi e consumare gli scarsi pasti; la stanza del telaio dove le donne tessevano; e la stalla per i bovini, fondamentali strumenti di lavoro e indispensabili per il sostentamento della famiglia. La scala portava al primo piano per accedere alle stanze da letto, mentre nella parte più fredda della casa si conservavano i cibi e si custodiva il vino. Non mancavano all’esterno annessi, pertinenze e “bassi comodi”, il pagliaio affiancato all’aia, la buca del letame, il pozzo, il forno per cuocere il pane, i modesti manufatti per ricoverare piccoli animali da cortile e gli “stalletti” per i maiali.
Dalla memoria di tali testimonianze, dalle radici di un passato strutturale – che inevitabilmente si deve adeguare alle esigenze abitative odierne – sorge tuttavia un fondamentale insegnamento verso nuove idee di recupero che oltre a scopi abitativi può volgere lo sguardo verso soluzioni di ricettività e di turismo rurale comunque – come in passato – sempre in dialogo armonico col paesaggio agrario che le avvolge e, soprattutto, nel rispetto fondamentale delle regole che tutelano la salvaguardia del suolo.
Riflessioni che saranno sviluppate e argomentate in occasione dell’ incontro che si terrà alla Sala Bigari del Comune a Faenza, lunedì 26 febbraio alle ore 18,00, con il contributo di importanti ed autorevoli relatori esperti in materia.
Al termine dell’incontro, presso la Galleria d’ Arte Molinella a Faenza, alle 19,00 sarà inaugurata la mostra fotografica “ABITARE LA TERRA, le antiche case custodiscono i ricordi”.
Il contenuto espositivo è incentrano su immagini in bianco e nero delle diverse tipologie rurali alle province romagnole, mettendo in luce i loro diversi caratteri distintivi per forma strutturale, impiego di materiali, disposizione degli ambienti all’interno e degli annessi all’esterno di esse. Analizzate con perizia dall’architetto Egidio Miserocchi – e argomento della sua tesi negli anni Settanta – sottolineano quanto il tema del recupero del patrimonio rurale fosse già allora di forte attualità a causa del proliferare di nuove e anonime costruzioni che sorgevano accanto ai ruderi, snaturando la primigenia identità degli edifici colonici del passato.
La mostra è anche occasione per apprezzare una sezione fotografica di alcuni scatti del Geografo e storico Lucio Gambi (conservati nel Fondo omonimo presso la Biblioteca Classense di Ravenna), in particolare quelli dedicati alla architettura rurale, e da lui utilizzati per la pubblicazione “La casa rurale in Romagna negli anni Cinquanta”.
L’evento è realizzato con il contributo di: Comuni di Brisighella, Casola Valsenio, Faenza, Imola, Riolo Terme, BCC Ravennate Forlivese e Imolese, BCC Romagna Occidentale, in collaborazione con Il Lavoro dei Contadini in Romagna-Comunità Slow Food, IF Imola Faenza Tourism Company, Slow Food Condotta di Godo e Bassa Romagna e Condotta Ravenna, Musica nelle Aie – Faenza, Chef to Chef, Accademia Medievale e Rione Verde – Faenza