Dal Tirreno allo Ionio in tre tappe attraverso il Parco del Pollino Nell’intento di proporre al cicloturista evoluto una vacanza lungo un itinerario tra Tirreno e Ionio, capace di introdurre alle particolarità e bellezze del Parco Nazionale del Pollino, attraverso vie del tutto originali, suggeriamo tre tappe di notevole interesse sia per 1’aspetto selvaggio della natura, sia per quello umanO carico di storia millenaria, attraverso le valli del Noce, del Sinni, del Mercure e del Sarmento.
Tappa Maratea (m 92) -Castelluccio Inferiore (m 498) -Rotonda (m 520)
Lunghezza totale: km 62,4; dislivello totale in salita: m 1321; dislivello totale in discesa: m 893; quota massima m 837; pendenza media: 4,5 %; pendenza massima: 6,0%. Caratteristiche del tracciato: percorso di media lunghezza non difficile, ma per almeno 2/3 in pendenza, con variazioni altimetriche e planimetriche; più dolce la parte centrale tra Lauria e Castelluccio.Concepita su di un ideale asse mare-monti, la tappa odierna attraversa la valle del Noce prima e la valle del Mercure poi, conducendo il cicloturista dalla costa tirrenica ai primi bastioni del Pollino. L:aspetto più coinvolgente e concreto del viaggio è proprio quello naturale. La partenza è fissata in Fiumicello di Maratea, luogo strategico e baricentrico tra le innumerevoli frazioni della costa.
Da qui deviamo sulla SP 3 per Maratea centro raggiungendo andavo e, subito dopo, il centro storico di Maratea alta. La strada attraversa il centro sistemato lungo la bella piazza Buraglia posta a 310 metri di quota, tutta lastricata, intorno alla quale si aprono gli ingressi di chiese, chiesette e cappelle, con bei portali in pietra scolpita.
Uscendo dall’abitato, in prossimità dell’incrocio per Trecchina, è una fontana sopraelevata rivestita di maioliche. Mano a mano che la strada guadagna quota si avverte un cambiamento sostanziale del paesaggio che da marino muta in montano, si attraversa infatti un boschetto di lecci e intanto compaiono animali al pascolo, mentre dalla macchia mediterranea, volgendo lo sguardo indietro, si intravede ancora il mare. Se la giornata è calda l’ombra che a tratti ricopre la sezione stradale vi gioverà, perché la salita che conduce al passo Colla e quindi a Trecchina, è lunga almeno 8 chilometri.
A quota 594 si supera il valico del passo Colla, Gran Premio della Montagna di modesta categoria, sebbene non sia raro trovarvi anche la nebbia a rendere certamente più suggestivo lo scollinamento. Si giunge nel centro di Trecchine (km 16,0) grazie ad un tratto favorevole in discesa, immerso in un bosco di castagni e noci e scandito da punti panoramici sui monti circostanti. Lo sguardo spazia ora sulla valle del Noce, mentre dinanzi è la sommità del Sirino.
Trechina è un altro ridente paese lucano, posto sulle pendici del monte Coccovello, in uno stupendo scenario montano. Luogo fortificato dai longobardi, distrutto dai saraceni nel X secolo e ricostruito in epoca normanno-sveva, conserva numerosi palazzi ottocenteschi con stemmi e fregi; nella piazza centrale alberata, è la chiesa di S. Michele, della prima metà del XIX secolo.
Attraversato il paese, il nastro stradale si insinua nella campagna tra vigneti e piccoli poderi sino ad una curva molto ampia, nei pressi di un’azienda agrituristica, che apre la prospettiva sui comuni del circondario. Proseguendo è il bivio che ci immette sulla SS 585, si volta a destra in direzione Lauria e badando al traffico che in estate può essere sostenuto, ci scrolliamo di dosso in pochi minuti i soli due chilometri tutti in discesa fino a riprendere la SP 3 al bivio successivo per Lauria. Il ponte sul fiume Noce, a quota 175, segna il cambio di pendenza, infatti una breve rampa annuncia subito le caratteristiche della salita al 3,5% medio, degna di un 39×18, 39×20, con cui pedaleremo sino ad entrare nella cittadina di lauria (km 30,2).
Si transita ora per il rione Inferiore caratterizzato da un agglomerato di case a schiera e dalla bella architettura della chiesa Madre di S. Giacomo improntata allo stile arabo -normanno e più avanti, per il rione Superiore, detto “il Castello” per le rovine di un antico fortilizio, all’ombra dei suoi platani e poi per il quartiere della Taverna, incollato come un presepe al costone roccioso, dove la SP 3 confluisce nella SS 19 delle Calabrie. Nei pressi è un bel fontanino di ghisa, un’edicola dedicata al santo di paese Beato Lentini e, in alto, un suggestivo ponte ferroviario in acciaio, nostalgicamente adagiato sulla montagna, vero e proprio reperto di archeologia industriale.
Si devia per Castelluccio -Cosenza e, dopo un rettifilo panoramico, d’improvviso si entra in una gola rocciosa, dove la strada, salendo dolcemente, corre parallela al viadotto ferroviario e va a lambire la vecchia stazione di Lauria e poi le frazioni di Taverna del Postiere, dove avveniva il cambio dei cavalli, San Crispino, Acqua delle Donne e Galdo a quota 720 metri. Si scollina in località Prestieri, sul valico posto a m 837 prospiciente un vecchio casello delle ferrovie Calabro -Lucane. Proprio qui è il confine tra i due bacini idrografici del Noce e del Mercure, antichi laghi pleistocenici. In particolare, nella valle del Mercure i ritrova menti fossili di elefante antico e di ippopotamo (conservati nel Museo di storia naturale di Rotonda) testimoniano l’esistenza nell’area di un clima molto diverso da quello attuale. A questa stessa epoca si fanno risalire i giacimenti di lignite, sfruttati fino a pochi anni or sono per alimentare la centrale termoelettrica dell’ENEL poi riconvertita a gasolio ed oggi quasi inattiva che, con il suo comignolo biancorosso, è ormai parte del paesaggio. La strada scorre su un’ampia carreggiata intersecando e sovrapponendosi spesso al tracciato della massicciata ferroviaria, costruita proprio per l’approvvigionamento del combustibile, all’epoca assai ricercato.
Scendendo di quota, si tocca la località Foresta (pietra miliare km 147 della SS 19), il bivio di Castelluccio Superiore, suggestivo paese arroccato alla montagna e, infine, l’ingresso a Castelluccio Inferiore (km 50,3), con tipologie edilizie tradizionali ancora visibili a schiera, loggiati ed arcate. In questo tratto, degna di nota è, anche, la galleria elicoidale realizzata dalle ferrovie Calabro-Lucane per vincere il forte dislivello tra i due comuni serviti. Uscendo dall’abitato si seguono le indicazioni per Cosenza -Rotonda e si devia a sinistra per immettersi ancora sulla SS 19; percorsi altri 2 km circa si raggiunge il bivio Rotonda -Laino. Quasi al confine geografico con la Calabria, ci stacchiamo dalla statale per immetterci sulla SP 4 del Pollino in direzione Rotonda. Lasciamo a destra la stazione ferroviaria Viggianello -Rotonda, ormai in disuso, mentre la catena montuosa si delinea in tutta la sua estensione. Superata la centrale termoelettrica, con il suo pennacchio, è il ponte sul fiume Mercure; scavalcato il corso d’acqua la strada
registra un cambio di pendenza ed accanto alla chiesetta a sinistra, la rampa si incassa in una forra, erosa nella puddinga, mentre a destra è un pauroso burrone. La salita non è impossibile, ma richiede un impegno crescente sino all’ingresso del centro di Rotonda (km 62,4). Sede dell’Ente Parco Nazionale del Pollino ospitato nel Palazzo Amato, è considerata una buona stazione climatica per la sua aria salubre, nonché un ottimo campo base per le escursioni sul Pollino. Il tessuto urbano dell’abitato è nettamente diviso in due, con un nucleo medioevale posto intorno al Castello ed ampliato nel sec. XVI con la costruzione di numerosi palazzi signorili, ed un nucleo, più recente, a valle, edificato a partire dal XVIII secolo intorno alla chiesa Madre.
Se il compito del cicloturista può dirsi concluso, consigliamo tuttavia e vivamente ai più volenterosi e più allenati, di proseguire in direzione Pedarreto. Il toponimo: poco invitante, che tradotto significa “piede che scivola indietro’; caratterizza l’ascesa più difficile da entrambi i versanti (Calabro e Lucano) per scalare il Pollino e raggiungere il Rifugio De Gasperi a Piano Ruggio. L:impegnativa salita, lunga circa 12 km e mezzo, è da considerarsi un’appendice al percorso tracciato: la pendenza media del 10% è da Giro d’Italia e, ironia della sorte, proprio nella curva più difficile è l’unica fontana utile… quindi non provate a scendere, perché potreste non avere più l’energia per risalire.
Un traguardo così importante non può che essere il meritatissimo premio per una tappa cominciata bene nella bellissima cornice di Maratea e portata a termine nell’incomparabile scenario del pollino.
Il pino loricato, simbolo del Parco
Non si può non accennare all’albero secolare assunto ormai a simbolo del Parco Nazionale del Pollino: il pino loricato. Prima dell’ultima glaciazione, circa diecimila anni fa, la specie era diffusa in un vasto areale esteso dai Balcani all’Italia meridionale.
Attualmente vive in piccoli gruppi esclusivamente sui monti del Pollino e sul monte Alpi in Basilicata e sull’Orsomarso in Calabria. Vegeta a quote comprese tra i 900 ed i 2200 m e alle quote più elevate, a causa delle estreme condizioni climatiche, assume un portamento contorto, quasi prostrato, con i pochi rami spesso disposti a bandiera. Nonostante le condizioni estreme, vegeta a lungo -alcuni esemplari superano i dieci secoli di vita -e, quando muore, perde la sua caratteristica corteccia a placche come la ‘lorica’, armatura romana fatta a piastre, mostrando il tronco argenteo. Per osservare o fotografare questa i meraviglia della natura esiste una finestra i spettacolare -il belvedere Malevento -che si può raggiungere facilmente