PRIOLO
Tra Augusta e Siracusa, ai piedi dei verdi monti Climiti, circondato dalle industrie del polo petrolchimico, Priolo sorge a poca distanza da uno dei luoghi della costa del Siracusano che furono abitati dai Siculi. Il villaggio preistorico di Trogylos e i resti di Thapsos, l’attuale penisola Magnisi, con la sua imponente necropoli, fondata nello stesso periodo di Megara Hyblaea. Sul territorio di Priolo, occupato in gran parte dagli stabilimenti petrolchimici, resistono tuttavia importanti vestigia di epoca romana, come l’Aguglia di Marcello, fortificazione che domina la piana di Targia; o paleocristiana, come la Basilica di San Focà, fondata da Germano, vescovo di Siracusa, nel V secolo d.C., la catacomba di Manomozza. Sui monti Climiti, le cui pendici sono caratterizzate da una rigogliosa macchia mediterranea, il complesso settecentesco del Casino grande.
THAPSOS
Uscendo da Siracusa, dopo avere attraversato la fertile piana della Targia, oltrepassando l’abitato di Fondaco Nuovo, ecco le bianche pareti di arenaria della Penisola Magnisi, l’antica Thapsos, che in greco significa, letteralmente, luogo di sepoltura. L’area archeologica di Thapsos rappresenta uno dei siti chiave per comprendere la protostoria siciliana e in generale quali erano le relazioni tra le popolazioni del Mediterraneo tra la prima età del Bronzo e la prima età del Ferro. Gli scavi, oggi ancora non ultimati, presero avvio nell’800 intorno a una ampia serie di tombe a grotticella, una necropoli già conosciuta. Oltre alle tombe a grotticella, la zona è caratterizzata da alcune tombe a “enchytrismos”. A Thapsos è possibile trovare le tracce dell’abitato protostorico risalente al X-IX secolo a.C..
SORTINO
Sui monti Iblei, Sortino, insieme a Melilli, è noto per la produzione artigianale del miele, le cui doti organolettiche erano già cantate da Teocrito e Virgilio. Il toponimo, probabilmente, fa riferimento alle vicende dell’antica Pantalica. Sortino, così, potrebbe essere la città degli “sciuti” (gli usciti), cioè degli abitanti di Pantalica costretti ad andare via al tempo dei bizantini e poi con la conquista araba intorno alla metà del 700. Le prime tracce ufficiali del casale di Sortino risalgono però al periodo angioino, quando divenne feudo. L’antica Sortino era costruita nella valle del fiume Ciccio. Oltre cinquemila abitanti vivevano in abitazioni scavate nelle rocce, un po’ come i “sassi” di Matera. La città però fu distrutta dal terremoto del 1693 rifondata più in alto, sulla collina del Cugno del Rizzo.
Nella Sortino ricostruita nel Settecento, quello che domina è lo stile barocco. La chiesa di San Francesco, costruita nel 1737, conserva al suo interno una pregevole custodia del Santissimo Sacramento in legno. la Chiesa di Santa Sofia, dedicata alla patrona della città, fu ricostruita all’inizio del Settecento su una chiesa del XV secolo. La chiesa del Purgatorio, ultimata nel 1784, presenta una caratteristica cupola ottagonale. La chiesa dell’Annunziata (1739) è caratterizzata all’interno da vivaci elementi decorativi. Spettacolare è il piazzale lastricato di ciottoli bianchi e neri davanti alla Chiesa Madre, dedicata a San Giovanni Evangelista. Adiacente alla chiesa di Sant’Antonio Abate è il Collegio di Maria, fondato nel 1761. Alla fine del Seicento, invece, risale la chiesa di San Pietro. E’ stata ultimata all’inizio del XVIII secolo la chiesa di San Sebastiano. Già esistente nel XVI secolo e ricostruita nel XVII il Monastero di Montevergine che nel suo complesso comprende anche la chiesa della Natività di Maria.
FLORIDIA
Il centro storico del paese, fondato nel 1627 dal barone Lucio Colonna, ha la caratteristica maglia squadrata dei borghi agricoli siciliani fondati a cavallo tra XVI e XVII secolo. Il nome di Floridia potrebbe derivare dal latino Florum Dea o Florum Diva. Ma è più probabile che si tratti della translitterazione del toponimo greco Xiuriddia o Xiridia, che significa “canto in onore della dea Flora”. Infatti, nei primi anni delle fondazione, il paese fu dedicato proprio a Santa Flora, un culto soppiantato in seguito da quello della Madonna ed ancora in seguito dai riti dell’Ascensione, che resta ancora oggi la principale festa religiosa della città. Legata alle celebrazioni dell’Ascensione, la vera propria passione per il cavalli: a Floridia si corre a maggio un grande palio.
Il cuore della cittadina, centro di fiorente commercio, è piazza del Popolo su cui sorge la settecentesca chiesa Madre dalla facciata barocca convessa, slanciata al centro su tre ordini sormontati da un orologio collocato nell”800. Sulla piazza si affaccia anche il municipio, ultimato nel 1854.
Al numero 4 di via Roma un’insegna indica “la prima casa di Floridia”, risalente al 1627, che attualmente ospita un circolo privato. Ancora, su via Roma superato corso Vittorio Emanuele la chiesa di Sant’Anna, risalente alla prima metà del Settecento; in piazza Marconi la chiesa del Carmine, costruita nel XVII secolo ed ampliata nel 1815. La facciata, rifatta nel 1923, è caratterizzata da una serie di nicchie con statue di santi ed una Madonna.
SOLARINO
Feudo baronale prima del XVIII secolo, Solarino venne fondato come colonia agricola nel 1759 da Giuseppe Antonio Requesens, principe di Pantelleria.
Come molti dei centri della zona nati come borghi rurali, la sua pianta è a scacchiera. Comune autonomo dal 1827, oggi il paeese mostra ancora alcune strutture abitative tipiche dell’Ottocento. Campeggia in piazza Plebiscito la facciata di palazzo Requesens, fatta costruire dai feudatari del tempo come dimora di campagna e casino di caccia. A sinistra del palazzo, la chiesa Madre, dedicata a San Paolo, patrono del paese. La tradizione vuole che il santo apostolo, proveniente dalla Terrasanta e diretto a Roma, abbia predicato proprio nella zona di Solarino. Tra gli esempi più interessanti della zona di architettura storica rurale la Masseria di Cozzo Collura, già esistente nel Cinquecento e ricostruita nel Settecento.
CASSARO
Il più piccolo comune della provincia di Siracusa è anche la capitale dell’olio. Cassaro è costruito sulla collina sul piano di Santo Stefano, nel cuore della valle dell’Anapo, in una zona già abitata anticamente da popolazioni sicule. Ma notizie certe sulla storia di Cassaro (toponimo pure presente in altre zone della Sicilia) si hanno soltanto dal periodo della dominazione araba. Infatti il nome del centro deriverebbe dall’arabo “Qasr”, cioè castello. In zona gli arabi costruirono pure Buccheri e Buscemi. Cassaro subì danni gravissimi dal sisma del 1693. Venne ricostruito lontano dall’antico castello arabo. La chiesa madre, rasa al suolo dal terremoto fu riedificata sullo stesso sito, ma fu rovinata da una serie di opere di restauro nel 1938. La chiesa di Sant’Antonio abate, ultimata nel 1760, presenta un portale fiancheggiato da due colonne binate.
FERLA
Ferla deve il suo nome ad una pianta che cresce rigogliosa nella alta valle dell’Anapo: la ferula. Ricostruita dopo il devastante terremoto del 1693 in un sito un po’ più a Nord dell’antico bordo medievale raso al suolo dal sisma, oggi Ferla presenta un impianto urbano a croce. La vita del paese è concentrata su corso Vittorio Emanuele dove si affacciano le chiese di marcata impronta barocca del paese.
La chiesa più grande di Ferla è San Sebastiano, la cui facciata è caratterizzata da un variegato gruppo scultoreo che raffigura il martirio del santo. La facciata, realizzata tra il 1734 e il 1741, è opera dell’architetto Michelangelo Di Giacomo. Oltre alla chiesa Madre, dedicata a San Giacomo, risalente al 1714 su una chiesa preesistente, all’incrocio con via Braida il sagrato della chiesa di Sant’Antonio, la cui facciata si caratterizza per le influenze barocche dell’architetto Rosario Gagliardi. L’edificio però è in precarie condizioni: presenta una pianta a croce greca e una cupola ottagonale. La chiesa di Santa Maria del Gesù, già esistente nel XV secolo, conserva una scultura marmorea della Madonna col Bambino della scuola di Antonello Gagini e un crocefisso in legno del Seicento di Giovanni Pintorno.
PANTALICA
Una vera e propria fortezza naturale, difesa dalle profonde gole delle valle dell’Anapo e dal Calcinara, unita all’altopiano da uno stretto istimo, tagliato da un profondo fossato. Pantalica fu rifugio antichissimo delle popolazioni autoctone che lì cercarono rifugio, tra il XIII e l’VIII secolo avanti Cristo, dalle minacciose invasioni di popolazioni italiche che arrivavano sulla costa. Una città che divenne fiorente, e della quale oggi resta soltanto il grande basamento dell’Anakroton, il palazzo del principe. Abbandonato nel periodo greco, il sito di Pantalica tornò ad essere abitato in epoca bizantina sino alla dominazione araba, che in zona portò alla fondazione di Cassaro, Buscemi e Buccheri.
L’importanza storica, archeologica ed anche naturalistica di Pantalica è data dalle oltre cinquemila tombe a grotticella risalenti a periodi diversi, scavate nelle pareti a picco della valle, che si estende su un territorio di circa 80 ettari. Fu l’archeologo Paolo Orsi a dare una collocazione temporale alla grande città dei morti di Pantalica. Due necropoli, Nord e Nord Ovest sono quelle più antiche, e risalgono al XIII-X secolo a.C.; tre, quella Sud, quella di Filiporto e Cavetta, risalgono invece al IX-VIII secolo a.C.. A nove chilometri da Ferla, percorrendo un costone roccioso, si arriva alla necropoli di Filiporto. Inoltrandosi nel sito si raggiungono i resti di un villaggio bizantino e l’oratorio di San Micidiario sino ad arrivare al fondovalle dove scorre l’Anapo. Risalendo la valle si incontra l’oratorio di San Nicolicchio e si arriva all’Anakroton, l’unico vestigio rimasto dell’antica città di Pantalica.
L’altro versante dell’area archeologica con le necropoli Nord e la necropoli Cavetta, si raggiunge da Sortino.
BUCCHERI
Alle pendici del Monte Lauro, in mezzo a boschi di castagni, noccioli e sugheri, Buccheri è il più alto comune della provincia di Siracusa, a 820 metri d’altitudine. Fondato dagli arabi, impegnati a realizzare una serie di fortificazioni per difendere l’alta valle dell’Anapo (costruirono pure Buscemi e Cassaro) furono però i Normanni a dare l’impulso per la nascita di un borgo intorno a una fortezza più munita rispetto alla costruzione araba. L’origine del toponimo, comunque, è contrastata: secondo alcuni, Buccheri deriverebbe dal nome del generale arabo che costruì la prima fortezza, che si sarebbe chiamato Bucker. Altri, però, indicano l’origine del nome del paese nel termine latino “buquerium”, che significa pascolo comune.
In piazza Roma caratteristica la cinquecentesca Fontana dei Canali; la settecentesca chiesa di Santa Maria Maddalena , la cui facciata è in parte opera di Michelangelo Di Giacomo. Alla chiesa di Sant’Antonio Abate, edificata in varie fasi per oltre un secolo dal 1702 al 1815 si arriva da una lunga scalinata costruita nel 1911. Sant’Antonio, con la sua facciata su tre ordini, domina letteralmente il paese. L’interno, a pianta simile a quella di una basilica, è a tre navate. Sul colle Tereo i resti del castello normanno che domina un magnifico panorama. Nella parte bassa del paese la chiesa Madre dedicata a Sant’Ambrogio. Nei dintorni la chiesa di Sant’Andrea, un raro esempio di architettura religiosa sveva del XIII secolo. Nella stessa zona, immersa in uno stupendo paesaggio rurale, la gola della Stritta, un canyon ricco di grotte formato dall’erosione del fiume San Leonardo.
BUSCEMI
Buscemi come altri centri della zona montana del Siracusano nell’area dell’alta valle dell’Anapo, nacque nel VI secolo d.C. come fortezza araba: un castello arabo dal nome “Qal’at Abi Samah”, modificato poi in Buxema e Bussema, oggi Buscemi. Anche questo piccolo centro (conta 1.247 abitanti) subì danni gravissimi dal sisma che nel 1693 sconvolse la val di Noto. Ed anche Buscemi fu oggetto, come tutti i centri della zona, di un’intensa ricostruzione di edifici civili, ma soprattutto religiosi secondo i canoni imperanti in quel tempo dell’”anarchia equilibrata”, come la definisce Vincenzo Consolo, del baroccoLungo corso Vittorio Emanuele, spicca il prospetto della chiesa Madre, che conserva una statua lignea dell’Addolorata realizzata nel 1732 da Filippo Quattrocchi. Poco distante la chiesa di San Giacomo, caratterizzata da una particolare pianta ellittica. In piazza Roma la chiesa di San Sebastiano con i suoi affreschi che descrivono scene bibliche, mentre interessanti elementi architettonici presenta la chiesa di Sant’Antonio da Padova. La chiesa del Carmine, che risale alla fine del Settecento custodisce un prezioso gruppo marmoreo: l’Annunciazione con la Vergine e l’Angelo risalente al XVI
secolo, realizzato dalla scuola di Antonello Gagini. Risale al Cinquecento il santuario della Madonna del Bosco, appena fuori dal paese, dove è custodito un dipinto su intonaco che rappresenta la Madonna patrona del paese. Nei dintorni di Buscemi anche esempi di culto paleocristiano, come la chiesa rupestre di San Pietro, risalente al V secolo.
PALAZZOLO ACREIDE
Palazzolo conserva un centro storico con una pianta la cui articolazione ricorda quella dei centri medievali. Ed in effetti al Medioevo risalgono le prime fonti nelle quali il paese viene citato, ed in particolare in una bolla di Alessandro III datata 1169. Il nome di Palacioli, probabilmente, è legato al latino Palatium, e si riferisce al borgo costruito intorno ad un castello normanno. Accanto al toponimo, piuttosto comune in molte regioni d’ Italia, il termine Acreide fa riferimento alla vicinissima Akrai, colonia siracusana fondata nel V secolo a.C. della quele si conserva, in particolare, un teatro costruito in una suggestiva posizione.
PALAZZOLO ACREIDE
I PALAZZI BAROCCHI DEL CENTRO STORICO
Anche Palazzolo Acreide fu semidistrutta dal terribile terremoto del 1693, sorte che condivise con la maggior parte dei centri della val di Noto e che però segnò, all’inizio del XVIII secolo, la sua rinascita urbanistica con le caratteristiche dello stile in quei tempi più in voga, il barocco. Un esempio caratteristico è la lunga balconata di palazzo Judica Caruso, decorata da una sequenza di maschere e figure grottesche, in via Garibaldi. Lungo la stessa via, palazzo Ferla, dai balconi caratterizzati dalle ringhiere panciute, ed anche palazzo Zocco, ornato da una interessante sequenza di mensole figurate. In corso Vittorio Emanuele, cuore di Palazzolo insieme alla vicina piazza del Popolo, le decorazioni barocche di palazzo Judica e le mensole figurate di palazzo Pizzo. In piazza Umberto I l’ottocentesco palazzo Messina; in piazza del Popolo il palazzo Municipale, completato nel 1908.
PALAZZOLO ACREIDE
LE CHIESE
La chiesa Madre è stata ricostruita dopo il terremoto del 1693 su un corpo che risalirebbe agli inizi del Duecento. Vicina la chiesa di San Paolo, che rappresenta uno dei più interessanti esempi di architettura barocca di Palazzolo. Risale ai primi anni del Settecento e presenta una facciata a torre.
La chiesa dell’Annunziata è stata costruita dopo il terremoto su un edificio risalente al Quattrocento. La mole della chiesa di San Sebastiano domina piazza del Popolo, il cuore di Palazzolo. Posta in cima a una ripida scalinata, sfoggia un’ampia facciata a tre ordini decrescenti. Il portale centrale è fiancheggiato da quattro colonne sormontate da un timpano. In fondo a corso Vittorio Emanuele la chiesa dell’Immacolata. San Michele, in via Acre, mostra una bella facciata settecentesca, che però è attualmente puntellata per lavori di restauro.
PALAZZOLO ACREIDE
AKRAI
A pochissimi chilometri dal centro abitato barocco, i ruderi dell’antica colonia siracusana di Akrai. Fondata nel 664 a.C., il toponimo significa in greco “luogo in alto” e domina una parte della valle dell’Anapo e del Tellaro. Fu importante nelle vicende storiche che ebbero come teatro la zona, dal periodo romano (quando fu ribattezzata “Acre”) sino a quello bizantino, per arrivare agli arabi, che la fecero decadere. La rinascita del centro è segnata dall’avvento dei normanni.
PALAZZOLO ACREIDE
IL TEATRO GRECO
Il parco archeologico di Palazzolo presenta tutti i segni del tempo che scandiscono questi periodi della storia della città. Innanzitutto il il teatro greco, risalente al III secolo a.C., da 600 posti. Fu ampiamente rimaneggiato in epoca romana con la costruzione di un pulpitum. Risalenti all’epoca romana i resti, ben conservati del decumano, lastricato in pietra lavica, che segnala l’asse principale della città dalle due porte, la Siracusana, a Est, e la Seluntina, ad Ovest. Nei pressi del decumano tracce circolari, forse si tratta delle delle terme della città di Acre, che i bizantini trasformarono in un battistero.
PALAZZOLO ACREIDE
LE LATOMIE E I SANTONI
A Sudest del teatro, le latomie dell’Intagliata e dell’Intagliatella, cave di pietra utilizzate pure come abitazioni nel periodo bizantino. Sulla parete dell’ Intagliatella, il rilievo scavato nella roccia che raffigura il “”Banchetto degli eroi”. Risalente al II-I secolo a.C., raffigura una scena connessa col culto dei morti. Più in alto, sempre nell’area del parco archeologico, i resti più antichi di Akrai: il basamento del tempio di Afrodite, risalente al VI secolo a.C.
Fuori dall’area di Akrai, i tempi Ferali. Suggestive, in contrada Santicello, in una stretta valle, le dodici sculture rupestri del III secolo a.C. conosciute col nome di “Santoni”. Si tratta di un importante complesso dedicato al culto della dea Cibele, la Grande madre, arrivato in Sicilia dall’Asia minore in epoca romana. I “Santoni” intagliati nella roccia rappresentano i diversi aspetti, benevoli ma anche maligni, della dea.
CANICATTINI BAGNI
Fondata verso la fine del XVII secolo dal marchese Mario Daniele, proprietario dei feudi dei Bagni, Canicattini si caratterizza per il gusto liberty delle sue costruzioni. Nato come colonia agricola nel 1678, il paese fatto di piccole case contadine si ampliò sino al 1882. Risale a quel periodo la chiesa Madre, oggetto di lavori di restauro che ne hanno compromesso l’aspetto originario, il Municipio, edificio che risale ai primi del Novecento. In via dei Mille la chiesa delle Anime sante, oggetto di lavori nel 1824 e nel 1904. Lungo via Regina Elena, via Vittorio Emanuele, via Umberto e Via Garibaldi, il tripudio del liberty canicattinese, fatto di finestre, balconi e mensole decorate in stile floreale. A un chilometro dal paese, il ponte di Sant’Alfano, della fine del Settecento, formato da un’unica grande arcata sul dirupo della cava Cardinale.